Conclusa prima fase del progetto AirSterizUv dell’Università di Pisa e del CNR finanziata dal MIUR


Aria sterilizzata per scuole, ospedali e edifici pubblici così da abbattere il rischio di trasmissione del virus SARS-Cov-2: grazie al progetto AirSterizUv è stato realizzato un prototipo per sterilizzare l’aria degli impianti di condizionamento mediante raggi ultravioletti e ozono prodotti a microonde. La prima fase del progetto appena giunta a conclusione è stato finanziata Ministero dell'Università e della Ricerca e condotta dall’Università di Pisa e dal CNR di Pisa.

“Lo sviluppo di una tecnologia di sterilizzazione di sistemi di condizionamento d'aria degli edifici è un punto strategico per affrontare nuove fasi della pandemia o altre minacce future per la salute”, spiega la professoressa Celia Duce dell’Ateneo pisano.

 

Uno studio condotto dall’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati-Traverso” del Cnr ha identificato le funzioni alterate causate da mutazioni nel gene ARX nella lissencefalia e nell’encefalopatia epilettica. La ricerca, realizzata con il supporto di Fondazione Telethon, è stata pubblicata su Human Molecular Genetics
 
Uno studio diretto da Maria Giuseppina Miano dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igb), identifica le funzioni danneggiate in due gravi patologie neurologiche quali la lissencefalia e l’encefalopatia epilettica dello sviluppo, causate da mutazioni differenti del gene ARX il cui ruolo è fondamentale per il corretto sviluppo cerebrale. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Human Molecular Genetics ed eseguito in collaborazione con il Dipartimento di medicina molecolare e biotecnologie mediche dell’Università di Napoli “Federico II (Unina), il centro di ricerca e di diagnostica molecolare Ceinge-Biotecnologie Avanzate di Napoli e l’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibbr), e con il sostegno di Fondazione Telethon.
Grazie a un approccio integrato che coniuga studi di proteomica con analisi in vivo, il gruppo di ricerca ha stabilito cosa avviene in presenza di una mutazione che abolisce o modifica le funzioni della proteina ARX.

 

Parte la sperimentazione sui pazienti di Hemera, spin-off dell’Università di Verona e della Statale di Milano che ha l’obiettivo di riprogrammare le cellule e creare una terapia utile a riparare le lesioni spinali. Partita la campagna di fundraising per finanziare la ricerca, che ha già raccolto oltre un milione di euro.


Una cellula riprogrammata con istruzioni precise: favorire la rigenerazione del tessuto nervoso, per creare una terapia utile a riparare le lesioni spinali. Un progetto di medicina rigenerativa e alta ricerca tutto italiano, che coinvolge due atenei e un Centro di Ricerca clinica e scientifica d’avanguardia. Questi gli obiettivi di Hemera, spin-off delle Università degli Studi di Verona e della Statale di Milano, in collaborazione con ricercatrici e ricercatori dell’Istituto Clinico Humanitas.

Team di ricercatori scopre meccanismo di proliferazione cellule tumorali: l’enzima UBIAD1 e il Coenzima Q10 nutrono il melanoma.


Il melanoma cutaneo costituisce il 5% dei tumori ed è uno dei tumori della pelle col più alto tasso di mortalità. Team di ricercatori coordinato dal prof. Massimo Santoro del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (VIMM) scopre meccanismo di proliferazione e sopravvivenza delle cellule di melanoma derivante da una aumentata espressione di UBIAD1, un enzima che serve alla sintesi del coenzima Q10. Lo studio UBIAD1 and CoQ10 protect melanoma cells from lipid peroxidation-mediated cell death pubblicato sulla rivista scientifica «Redox Biology» “rovescia” il ruolo del Coenzima Q10, un antiossidante fino ad oggi considerato principalmente per i suoi effetti positivi contro l’invecchiamento cellulare.

 

Una ricerca condotta dal Cnr-Isa ha analizzato otto varietà di zafferano campano. Sono state rilevate sostanze con proprietà antibatteriche, antimicotiche, antitumorali, analgesiche e antinfiammatorie (terpeni) e altre che ne caratterizzano l’odore e le attività antiossidanti (safranale). Il lavoro è pubblicato su Foods.

Uno studio realizzato dall’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isa) e recentemente pubblicato sulla rivista Foods ha caratterizzato otto varietà di zafferano coltivate in differenti zone della Campania: Fontanarosa (AV); Capriglia (AV); Lacedonia (AV); Benevento, Raviscanina (CE), Ottaviano (NA) e Agerola (NA).

I campioni di ciascuna varietà sono stati acquisiti da diversi produttori e analizzati separatamente. Si tratta di cultivar conosciute per le particolari note aromatiche e coltivate secondo le pratiche agronomiche tradizionali. “Grazie all’utilizzo della gas cromatografia accoppiata alla spettrometria di massa è stato determinato il contenuto qualitativo e semi-quantitativo dei composti organici volatili (VOCs), responsabili delle note sensoriali di questa spezia, chiamata anche oro rosso, ma anche di molteplici proprietà salutistiche che lo zafferano ha dimostrato di possedere”, spiega Rosaria Cozzolino del Cnr-Isa e autrice dello studio.

 

Scarsa qualità dell’aria e particolarità fisico - geografiche del territorio che non ne favoriscono la circolazione, eccessiva cementificazione, grande pressione antropica ed elevata concentrazione di attività economiche e produttive: sono le caratteristiche dell’Italia del Nord che hanno portato quest’area a subire i tassi di mortalità da COVID peggiori. In Friuli Venezia Giulia va aggiunta anche l’elevata età media degli abitanti che ha rappresentato un elemento di criticità ulteriore.

Sono i risultati di uno studio multidisciplinare condotto dalle Università di Trieste, Basilicata, Cagliari, Sassari e l’Aquila che ha evidenziato, sotto forma di indicatori di pericolosità sanitaria, gli elementi di vulnerabilità geografica-ambientale ricavando un’originale ‘Geografia della pericolosità da Covid-19’.

Lo studio è pubblicato nella prestigiosa rivista Environmental Research di Elsevier.

 

Un nuovo studio, condotto da ricercatori della Sapienza e del Max Planck Institute for the Science of Human History, ha dimostrato, grazie all’analisi di pollini fossili provenienti da 19 paesi europei, che la terribile pandemia non colpì tutte le regioni del vecchio continente, ma si diffuse a macchia di leopardo. I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Ecology and Evolution
La Peste Nera, che ha afflitto l’Europa, l’Asia occidentale e il Nord Africa dal 1347 al 1352, è la maggiore e più nota pandemia della storia. Gli studiosi hanno stimato che circa il 50% della popolazione europea ne fu vittima.

Tuttavia una recente ricerca della Sapienza e del Max Planck Institute for the Science of Human History, pubblicata sulla rivista Nature Ecology and Evolution, confuta le ricostruzioni storiche passate e dimostra che la mortalità della Peste Nera in Europa non è stata così elevata come si pensava. Soprattutto dimostra come la sua diffusione nel vecchio continente sia avvenuta a macchia di leopardo, colpendo duramente alcune regioni e in misura minore delle altre.

A questi risultati i ricercatori sono arrivati grazie all’analisi del polline fossile proveniente da 261 siti (laghi, torbiere e paludi) in 19 Paesi dell’Europa.

 

In due serie di procedure, tra ottobre 2021 e febbraio 2022, il consorzio BioRescue ha creato due nuovi embrioni di rinoceronte bianco del nord, portando il totale a 14. Gli ovociti (cellule uovo) sono stati raccolti dalla femmina Fatu in ottobre e gennaio presso Ol Pejeta Conservancy, Kenya, e sono stati maturati e fecondati nei laboratori Avantea, in Italia. Gli embrioni sono stati poi crioconservati a novembre 2021 e febbraio 2022, e attendono di essere impiantati in una o più femmine di rinoceronte bianco del sud in un prossimo futuro.

 

 

Studio europeo su Science dimostra l’impatto sullo sviluppo neurologico dei bambini e in particolare sull’acquisizione del linguaggio dell’esposizione prenatale alle miscele di interferenti endocrini, sostanze chimiche che interagiscono con la regolazione ormonale: le nuove evidenze richiamano la necessità di un intervento di revisione delle politiche di valutazione del rischio chimico, ad oggi limitate all’ analisi di ciascuna sostanza singolarmente.


I risultati dello studio europeo EDC-MixRisk, pubblicati su Science, dimostrano che, durante la gravidanza, il mix di sostanze chimiche ambientali cui siamo continuamente esposti, interferendo col nostro sistema endocrino, incrementa il rischio di deficit neurologico nei nascituri, in particolare un ritardo nel linguaggio. Rispondendo a un’esigenza lungamente evidenziata da diverse agenzie regolatorie, questo lavoro pone quindi le basi scientifiche per una radicale revisione delle politiche nazionali e internazionali di valutazione del rischio, finora basate sull’esame di singole sostanze e non di loro miscele.
Lo studio, finanziato dall’Unione Europea, è stato condotto in collaborazione fra università e centri di ricerca svedesi (Università di Uppsala, Università di Karlstad, Università di Göteborg, Karolinska Institutet, Università di Lund, Università di Stoccolma, Università di Örebro), italiani (Università degli Studi di Milano, Istituto Europeo di Oncologia e Human Technopole), francesi (CNRS/Muséum d'histoire Naturelle), finlandesi (Istituto finlandese per la salute e il benessere - THL), tedeschi (Università di Lipsia), greci (Università nazionale capodistriana di Atene), britannici (Università di Edinburgo) e statunitensi (Icahn School of Medicine at Mount Sinai, New York).

 

Sono stati presentati i risultati dello studio sierologico “Ricerca di IgG specifiche per SARS-CoV-2 nel Personale dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino e dell’Università degli Studi di Torino e valutazione della risposta immunitaria post-vaccinazione anti-COVID 19”.

 Sono intervenuti, introducendo lo studio, il Dott. Giovanni La Valle e il Dott. Lorenzo Angelone, rispettivamente Direttore generale e Direttore sanitario dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino, il Dott. Antonio Scarmozzino, Direttore Dipartimento Qualità e Sicurezza delle cure, la Prof.ssa Paola Cassoni, Direttrice Dipartimento Medicina di Laboratorio, la Prof.ssa Rossana Cavallo, Direttrice S.C. Microbiologia Virologia U, P.I. (Principal Investigator) dello studio. E, successivamente, presentando specifici risultati dello studio: la Dott.ssa Gitana Scozzari, S.C. Direzione Sanitaria P.O. Molinette, Disegno dello Studio di coorte: obiettivi, fasi e metodi; il Dott. Giovannino Ciccone, S.S.D. Epidemiologia Clinica e Valutativa, Risultati della fase pre-vaccinale: sieroprevalenza; la Dott.ssa Enrica Migliore, S.S.D. Epidemiologia Clinica e Valutativa, Risultati della fase post-vaccinale: risposta sierologica; la Prof.ssa Cristina Costa, S.C. Microbiologia Virologia U Risultati della fase post-vaccinale: analisi di immunità cellulare; il Prof. Antonio Amoroso, S.C. Immunogenetica e Biologia dei Trapianti U, Risultati della fase post-vaccinale: analisi delle frequenze HLA; il Dott. Maurizio Coggiola, S.C. Medicina del Lavoro U, Rischio Occupazionale Ospedaliero Dati di Sorveglianza Sanitaria.

 

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