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Un'immagine che vale più di mille teorie

Ogni mattina, in coda nel traffico urbano, si ripete un'immagine che sfida ogni teoria sociologica classica. File interminabili di moto, motorini e persino monopattini elettrici guidati da persone in giacca e cravatta, con uno zainetto in spalla. Dentro non ci sono oggetti personali, ma un portatile, delle cuffiette e una borraccia, gli strumenti essenziali per la loro giornata lavorativa. Sono i "supertecnici", gli ingegneri software, i data scientist e i manager che alimentano il cuore dell'economia moderna. La loro immagine, così lontana dall'operaio di Marx, è la rappresentazione perfetta di una nuova, insidiosa forma di alienazione: non la perdita del prodotto del lavoro, ma la perdita del contatto con il proprio corpo, con la natura e con la realtà tangibile.

Dall'alienazione muscolare all'alienazione mentale

Karl Marx, nel XIX secolo, ha magistralmente descritto l'alienazione del lavoratore industriale, la sua separazione dal prodotto del proprio lavoro, dall'attività produttiva, dalla sua essenza e dagli altri uomini. La sua analisi si fondava sulla fatica fisica, sulla ripetitività meccanica e sullo sfruttamento palese nelle fabbriche fumose. Ma se l'operaio era alienato dal proprio sudore, il supertecnico è alienato dal proprio corpo. La sua vita è scandita da ore trascorse davanti a schermi luminosi, in uffici climatizzati o in remote work, negli spazi ibridi tra lavoro e vita privata. Questa vita sedentaria genera una serie di malesseri fisici – dolori cronici, affaticamento visivo, disturbi del sonno – che sono il sintomo di una progressiva disconnessione tra la mente iperattiva e un corpo sempre più trascurato. Il corpo diviene un mero contenitore della capacità cognitiva, la cui funzionalità è data per scontata finché non "si rompe".

La natura come sfondo digitale, non esperienza reale

Marx non avrebbe mai immaginato un mondo in cui la natura, la fonte primordiale di ogni risorsa e di ogni esperienza sensoriale, diventasse un'immagine sullo schermo o un lontano ricordo. I supertecnici, immersi in ecosistemi urbani ad alta densità tecnologica, sono spesso privati del contatto diretto con l'ambiente naturale. Il fruscio delle foglie, il profumo della terra dopo la pioggia, il calore del sole sulla pelle non sono più esperienze quotidiane, ma eventi occasionali o contenuti consumati digitalmente. Questa perdita di contatto non è un lusso intellettuale, ma una profonda privazione. La natura offre un antidoto allo stress cognitivo, una rigenerazione sensoriale che la realtà virtuale non può replicare. La sua assenza contribuisce a un senso di disorientamento e a un aumento dei livelli di stress e ansia, creando una generazione di professionisti che, pur avendo il mondo a portata di click, sono estranei alla sua essenza più profonda.

La realtà tangibile: un lusso riscoperto

In un ambiente dove le interazioni avvengono tramite messaggi, riunioni virtuali e piattaforme collaborative, la realtà tangibile, fatta di incontri faccia a faccia, di oggetti fisici e di esperienze dirette, assume un valore quasi anacronistico. I supertecnici sono maestri nella manipolazione di informazioni astratte e codici complessi, ma possono trovarsi a disagio di fronte alla concretezza del mondo materiale. Il sistema capitalistico contemporaneo, lungi dal liberare l'individuo, lo intrappola in una rete di "iperconnessione" costante. Il remote work, presentato come flessibilità, ha spesso dissolto i confini tra vita e lavoro, rendendo il professionista perennemente reperibile. Il tempo libero stesso è mercificato, trasformato in consumo di intrattenimento digitale o in performance di "benessere" che spesso richiedono ulteriori risorse economiche e mentali, alimentando un circolo vizioso in cui persino il riposo e la rigenerazione diventano occasioni di consumo, a totale beneficio del sistema.

Conclusioni: un'alienazione inattesa e la ricerca di riconnessione

L'alienazione dei supertecnici non è quella della catena di montaggio, ma quella del pixel e dell'algoritmo. È una disconnessione silenziosa e insidiosa dal proprio corpo, dalla natura e dalla realtà tangibile, spinta da stili di vita imposti da un sistema che valorizza l'efficienza digitale sopra ogni altra cosa. La sfida per questa nuova generazione di lavoratori è immensa: si tratta di riscoprire il valore dell'offline, del contatto umano autentico, della presenza fisica e della bellezza del mondo naturale. Solo così si potrà superare questa "alienazione postmoderna" e ritrovare un equilibrio tra l'immensa potenza della mente digitale e la profonda necessità di radici nel mondo reale. Forse, per superare questa nuova forma di disconnessione, dovremmo tutti imparare a spegnere lo schermo e a guardare il cielo più spesso.

L'importanza del riconoscimento e del ritrovarsi fisicamente

In questo scenario, la soluzione non può essere trovata nei "benefit" che la società consumistica offre per alleviare lo stress: il corso di yoga aziendale, il bonus per la palestra o il tavolo da ping-pong in ufficio. Questi sono mere medicazioni per un problema strutturale, che tentano di integrare il benessere nel sistema che lo ha causato. Parafrasando Giovenale, sono il "panem et circenses" del XXI secolo, offerti non per nutrire e divertire, ma per placare il disagio e distogliere l'attenzione dalle profonde disconnessioni del sistema.

Una classe dirigente sana e consapevole dell'importanza della vita al di fuori del lavoro, tuttavia, rappresenta un pericolo per il sistema stesso. La disconnessione dei "supertecnici" è funzionale: il costante isolamento e l'attenzione ossessiva al raggiungimento di falsi traguardi (promozioni, bonus, riconoscimenti individuali) impediscono la formazione di una coscienza di classe. Un aumento degli scambi interumani e del ritrovarsi fisicamente può rompere questo isolamento, generando consapevolezza e la comprensione che il sistema non è a loro beneficio. Questo può portare a una diminuzione della produttività in nome di una vita più equilibrata, a una maggiore attenzione ai veri valori (famiglia, relazioni, benessere) e, in definitiva, a un cambiamento radicale che il sistema capitalistico non può permettersi.

La vera risposta sta nel riscoprire il valore del ritrovarsi fisicamente, del riconoscersi l'un l'altro non come colleghi o utenti, ma come esseri umani. Le piazze, le mense, i caffè non sono solo luoghi di passaggio, ma spazi di socializzazione spontanea e autentica. È lì che si generano le conversazioni inattese, gli scambi di idee non programmati e il senso di appartenenza che una chat di gruppo non potrà mai replicare. I supertecnici hanno bisogno di tornare a sentire la presenza degli altri, di percepire il linguaggio del corpo, di leggere le espressioni del viso. Solo così potranno rompere l'isolamento imposto dalla tecnologia e ricostruire quel legame sociale che il lavoro digitale ha frammentato.

Bibliografia

Donati G. 2025 The hidden price of capitalism: from the factory of ignorance to social regression Scienceonline

Donati G. 2025 Il prezzo nascosto del capitalismo: dalla fabbrica di ignoranza alla regressione sociale Scienzaonline

Donati G. 27 Giugno 2025 Scienceonline War as an Endogenous Mechanism of Growth in Capitalism: A Critical Perspective and Proposals for Alternative Models Scienceonline


• Part 1: The Paradox of Capitalism: Infinite Growth in a Finite World
https://www.scienzaonline.com/news-scienceonline/item/4842-war-as-an-endogenous-mechanism-of-growth-in-capitalism-a-critical-perspective-and-proposals-for-alternative-models.html

• Part 2: War: A Hidden "Reset" for the Capitalist Economy?

• Part 3: Beyond the Limit: The Unsustainability of a Destructive Model

• Part 4: Towards a Future of Well-Being: Proposals for a Paradigm of Peace and Sustainability

 

 

Donati G. 27.05.2025La Guerra come Meccanismo Endogeno di Crescita nel Capitalismo: Una Prospettiva Critica e Proposte per Modelli Alternativi. Scienzaonline
• Parte 1: Il paradosso del capitalismo: crescita infinita in un mondo finito
https://www.scienzaonline.com/redazionale/item/4834-la-guerra-come-meccanismo-endogeno-di-crescita-nel-capitalismo-una-prospettiva-critica-e-proposte-per-modelli-alternativi.html

• Parte 2: La guerra: un "reset" nascosto per l'economia capitalistica?

• Parte 3: Oltre il limite: l'insostenibilità di un modello distruttivo

• Parte 4: Verso un futuro di bene-essere: proposte per un paradigma di pace e sostenibilità

 

 

 

*Board Member, SRSN (Roman Society of Natural Science)
Past Editor-in-Chief Italian Journal of Dermosurgery

 

Pubblicato in Antropologia

 

Gli spazi verdi urbani, come parchi, giardini e foreste urbane, rappresentano un elemento chiave per il benessere psicologico nelle città moderne. Numerosi studi hanno indagato il legame tra contatto con la natura e salute mentale, evidenziando effetti positivi significativi. L'articolo presenta una revisione sistematica e una meta-analisi recente sugli effetti della natura urbana sulla salute mentale, integrando studi storici e ricerche all’avanguardia.

Pubblicato in Ambiente

Fig. Average concentrations of microplastic particles in bottled water from different countries. (from Zhang et al. J Environ Expo Assess 2024;3:24 Fig. 3)

 

 

A recent study by Junjie Zhang et al., published in the Journal of Environmental Exposure Assessment on November 28, 2024, aimed to quantify and characterize plastic particles in bottled water, with a particular focus on nanoplastics. The research used an advanced methodology to overcome the limitations of conventional detection techniques.

Research methodology and analytical results
The study employed Raman scattering microscopy, a technique that allows for the identification and mapping of materials at the nanometric level. This method enabled a detailed analysis of the composition of plastic particles in the water samples. The analysis revealed an average concentration of about 240,000 fragments per liter—a value significantly higher than estimates from previous studies that were limited to detecting only microplastics.

Pubblicato in Scienceonline

Fig.Concentrazioni medie di particelle di microplastiche nell'acqua in bottiglia proveniente da diversi Paesi.(da Zhang et al. J Environ Expo Assess 2024;3:24 Fig.3)

 

 

Uno studio recente, condotto da Junjie Zhang et al. e pubblicato sul Journal of Environmental Exposure Assessment del 28 Nov 2024, ha avuto come obiettivo la quantificazione e la caratterizzazione delle particelle di plastica, con particolare attenzione alle nanoplastiche, presenti nell'acqua in bottiglia. L'indagine è stata condotta attraverso una metodologia avanzata per superare i limiti delle tecniche di rilevamento convenzionali.

Metodologia di ricerca e risultati analitici

La ricerca ha impiegato la microscopia a scattering Raman, una tecnica che permette l'identificazione e la mappatura dei materiali a livello nanometrico. Questa metodologia ha consentito di analizzare in modo dettagliato la composizione del particolato plastico presente nei campioni di acqua. L'analisi ha rilevato una concentrazione media di circa 240.000 frammenti per litro, un valore significativamente superiore rispetto alle stime derivate da studi precedenti che si limitavano alla rilevazione delle microplastiche.

Pubblicato in Ambiente


Recent tests conducted by U.S. researchers have detected the presence of PFAS (per- and polyfluoroalkyl substances), often called "forever chemicals," in 95% of the beers analyzed. This study, published in a prestigious scientific journal, is raising important questions about the quality of water used in beverage production and the potential health risks.

What are PFAS?
PFAS are a large family of over 4,000 synthetic chemical compounds that, starting in the 1940s, were widely used in industry for their water-repellent, oil-repellent, and non-stick properties. They are found in countless everyday products, such as cookware, waterproof clothing, and food packaging. Their danger comes from their extraordinary persistence: they do not easily degrade in the environment or the human body, hence the nickname "forever chemicals." Exposure to them has been linked to potential health risks, including immune problems, thyroid dysfunction, and even some types of cancer.

Pubblicato in Scienceonline




Recenti test condotti da ricercatori statunitensi hanno rilevato la presenza di PFAS (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche), spesso chiamate "sostanze chimiche eterne", nel 95% delle birre analizzate. Questo studio, pubblicato su una prestigiosa rivista scientifica, sta sollevando importanti interrogativi sulla qualità dell'acqua utilizzata per la produzione di bevande e sui potenziali rischi per la salute.

Che cosa sono le PFAS?
Le PFAS sono una vasta famiglia di oltre 4.000 composti chimici sintetici che, a partire dagli anni '40, sono stati largamente impiegati nell'industria per le loro proprietà idrorepellenti, oleorepellenti e antiaderenti. Si trovano in innumerevoli prodotti di uso comune, come pentole, abbigliamento impermeabile e imballaggi per alimenti. La loro pericolosità deriva dalla loro straordinaria persistenza: non si degradano facilmente né nell'ambiente né nel corpo umano, da cui il soprannome di "sostanze chimiche eterne". La loro esposizione è stata collegata a potenziali rischi per la salute, inclusi problemi immunitari, disfunzioni tiroidee e persino alcuni tipi di tumori.

Pubblicato in Ambiente
Martedì, 23 Settembre 2025 11:16

The Biological Hourglass Hidden in Our DNA


At the end of every chromosome, like the plastic tips on the ends of a shoelace, are the telomeres: repetitive DNA sequences with a fundamental protective function. Each time a cell divides to regenerate our tissues, these caps shorten slightly. It is an inevitable process, a kind of "tax" on replication. When, after many divisions, the telomeres become too short, the cell receives a stop signal: it stops dividing and enters a state of senescence, or it triggers programmed cell death (apoptosis). This process, which at an individual level protects against cancer, contributes significantly to aging and the onset of age-related diseases on the scale of the entire organism. Understanding this mechanism has transformed telomeres from a simple molecular curiosity into a primary target for a new generation of anti-aging drugs.

Pubblicato in Scienceonline


Large Language Models (LLMs) have shown a remarkable capacity for syntax and textual coherence, yet their linguistic output continues to exhibit significant shortcomings at the pragmatic and rhetorical levels. This article explores the main unresolved issues, including the unnatural use of rhetorical figures, the lack of a coherent authorial "voice," and difficulties with long-term consistency. The core argument is that these deficiencies stem from a training process based on a purely statistical interpretation of language, which ignores its complex social and communicative functions. Finally, the paper suggests research approaches that integrate cognitive linguistics and pragmatics to develop more sophisticated models.

Pubblicato in Scienceonline



I Large Language Models (LLM) hanno dimostrato una notevole capacità di sintassi e coerenza testuale, ma la loro produzione linguistica continua a manifestare significative carenze a livello pragmatico e retorico. Questo articolo esplora le principali problematiche irrisolte, tra cui l'uso non naturale delle figure retoriche, la mancanza di una "voce" autoriale coerente e le difficoltà nella coerenza a lungo termine. La tesi sostenuta è che tali lacune derivino da un addestramento basato su un'interpretazione puramente statistica del linguaggio, che ignora le sue complesse funzioni sociali e comunicative. Si suggeriscono, infine, approcci di ricerca che integrino la linguistica cognitiva e la pragmatica per sviluppare modelli più sofisticati.

Pubblicato in Tecnologia


 

La clessidra biologica nascosta nel nostro DNA

All'estremità di ogni cromosoma, come i cappucci di plastica alle estremità di un laccio da scarpe, si trovano i telomeri: sequenze ripetitive di DNA con una funzione protettiva fondamentale. Ogni volta che una cellula si divide per rigenerare i nostri tessuti, questi cappucci si accorciano un po'. È un processo inevitabile, una sorta di "tassa" sulla replicazione. Quando, dopo molte divisioni, i telomeri diventano troppo corti, la cellula riceve un segnale di stop: smette di dividersi ed entra in uno stato di senescenza, oppure innesca la morte programmata (apoptosi). Questo processo, che a livello individuale protegge dal cancro, su scala dell'intero organismo contribuisce in modo determinante all'invecchiamento e all'insorgere delle malattie legate all'età. Comprendere questo meccanismo ha trasformato i telomeri da semplice curiosità molecolare a bersaglio primario per una nuova generazione di farmaci anti-età.

Pubblicato in Scienza generale

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