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Un’infografica che mostra il percorso dalla cellula staminale all’organoide, allo xenotrapianto: evidenziando le principali tappe tecnologiche (editing genetico, coltura organoidi, impianto clinico).

 

Il 2025 segna una rivoluzione storica: la Food and Drug Administration statunitense ha dato il via libera al primo trial umano di xenotrapianto, ovvero il trapianto di un organo da maiale geneticamente modificato su un paziente in attesa di trapianto renale. Una sfida immane per la biomedicina, che affronta la drammatica carenza di organi: negli Stati Uniti, oltre 100.000 pazienti sono in attesa, a fronte di poco più di 30.000 donazioni annuali. Lo xenotrapianto promette così una “scorta illimitata” di organi, ma i rischi immunologici e virologici restano una sfida aperta.

Gli ultimi cinque anni hanno visto l’esecuzione pionieristica di sei trapianti “compassionevoli” (cuore, reni, fegato) da animale a uomo negli USA e in Cina. Sebbene le condizioni dei riceventi fossero critiche e la sopravvivenza limitata, questi interventi hanno rivoluzionato la conoscenza dei meccanismi di rigetto e delle tecniche di ingegneria tissutale.

 

Italia nell’epicentro: numeri e strategie della cybercrisi globale

L’estate 2025 ha segnato una svolta drammatica: l’Italia è diventata il principale bersaglio europeo del cybercrime, con 433 eventi rilevati in un solo mese e una crescita del 115% degli attacchi rispetto al periodo precedente. Infrastructure critiche, banche, aeroporti e persino istituti scolastici sono stati colpiti da campagne DDoS massicce, condotte con precisione chirurgica da gruppi come NoName057(16). Questi attori, spesso legati a scenari geopolitici, usano metodi innovativi come la “guerra ibrida gamificata”, reclutando migliaia di affiliati grazie a ricompense in criptovalute e meccaniche di gioco.


Una scoperta scientifica rivoluzionaria, frutto della collaborazione tra l'Università di Pisa e il CNR, ha permesso di leggere nuove porzioni dei papiri carbonizzati di Ercolano, svelando dettagli inediti sulla vita di Zenone di Cizio, il fondatore dello Stoicismo. La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports.

La Tecnologia dietro la Scoperta
L'impresa è stata resa possibile grazie all'applicazione della termografia attiva da parte dei ricercatori del CNR (Ispc e Isasi). Questa tecnica diagnostica non invasiva ha creato un contrasto tra l'inchiostro e il papiro carbonizzato, rendendo perfettamente visibili testi altrimenti illeggibili a occhio nudo.

Il lavoro rientra nell'ambito del Progetto ERC GreekSchools, coordinato da Graziano Ranocchia dell'Università di Pisa, che si dedica all'analisi diagnostica di questi preziosi documenti conservati nella Biblioteca Nazionale di Napoli.

 

Da semplice carbonio a materiale quantistico avanzato

Il grafene, formato da uno strato di atomi di carbonio spesso appena un singolo atomo e disposto a nido d’ape, è noto per le sue proprietà uniche in elettronica e fisica dei materiali. Quando due o tre strati vengono sovrapposti e ruotati a precisi angoli, nascono effetti quantistici inaspettati, come magnetismo, isolamento e superconduttività esotica.

La magia del trilayer: il ruolo di MATTG

Con la struttura “magic-angle twisted trilayer graphene” (MATTG), si aggiunge un terzo strato twistato di circa 1.55° tra i due laterali. Questo permette di osservare e controllare – per la prima volta in modo diretto – il fenomeno di “double-dome superconductivity”: due regioni distinte (cupole) dove il grafene diventa superconduttore man mano che si varia la densità elettronica.

 


Nel labirinto del progresso tecnologico, l'intelligenza artificiale (IA) ha smesso di essere un semplice strumento per diventare un attore quasi autonomo nella nostra vita quotidiana. Le macchine ora non solo eseguono compiti, ma apprendono, decidono e persino creano, trasformando profondamente la società. Questo cambiamento, tuttavia, solleva questioni etiche e legali di portata epocale. Già l'autorevole giurista Stefano Rodotà aveva intuito che l'era digitale, se non regolamentata, avrebbe esposto la persona al rischio di essere ridotta a un mero oggetto, una serie di dati da usare e manipolare. Il suo appello era chiaro: il diritto non doveva inseguire la tecnologia, ma anticiparla, costruendo un quadro normativo che ponesse al centro il valore intrinseco dell'essere umano.

 

Un ponte tra passato e futuro nel cosmo

Le antiche mappe stellari sono più che semplici rappresentazioni del cielo notturno; sono finestre sulla mente delle civiltà passate, documenti preziosi che rivelano le loro conoscenze scientifiche, credenze cosmologiche e abilità matematiche. Purtroppo, molti di questi manoscritti sono giunti a noi danneggiati dal tempo, frammentari, sbiaditi o scritti in lingue e simbologie di difficile interpretazione. Decifrarli è un lavoro meticoloso, che richiede anni di studio da parte di storici, filologi e astronomi. Oggi, però, un nuovo potente alleato si è unito a questa ricerca: l'intelligenza artificiale. Un team interdisciplinare di astronomi e scienziati informatici ha sviluppato algoritmi di IA in grado di leggere e interpretare questi antichi documenti, aprendo nuove frontiere nella nostra comprensione della storia dell'astronomia.



I Large Language Models (LLM) hanno dimostrato una notevole capacità di sintassi e coerenza testuale, ma la loro produzione linguistica continua a manifestare significative carenze a livello pragmatico e retorico. Questo articolo esplora le principali problematiche irrisolte, tra cui l'uso non naturale delle figure retoriche, la mancanza di una "voce" autoriale coerente e le difficoltà nella coerenza a lungo termine. La tesi sostenuta è che tali lacune derivino da un addestramento basato su un'interpretazione puramente statistica del linguaggio, che ignora le sue complesse funzioni sociali e comunicative. Si suggeriscono, infine, approcci di ricerca che integrino la linguistica cognitiva e la pragmatica per sviluppare modelli più sofisticati.

 

Oggi, ogni aspetto della nostra vita è governato da un microscopico pezzo di silicio. Dai telefoni che teniamo in tasca alle reti che alimentano le nostre città, i microchip sono il cuore pulsante del mondo moderno. Ma se l'obsolescenza programmata e il Cartello Phoebus (1, 2) ci hanno insegnato che la tecnologia può essere manipolata per il profitto, la corsa ai microchip rivela una verità molto più scomoda: la dipendenza tecnologica è diventata la nuova frontiera del controllo e della sicurezza nazionale. La globalizzazione, un tempo celebrata come un ponte tra le nazioni, ha creato una rete complessa e vulnerabile che può essere sfruttata per scopi molto più sinistri, un'arma nascosta pronta a colpire nel cuore della sovranità nazionale.


La plastica, in particolare quella monouso, rappresenta una delle sfide ambientali più pressanti del nostro tempo. Materiali come il PET (polietilene tereftalato), utilizzato per le bottiglie, sono estremamente resistenti alla degradazione naturale e il loro riciclo meccanico, pur essendo fondamentale, presenta dei limiti: spesso porta a un "downcycling", ovvero alla produzione di materiali di qualità inferiore. Inoltre, le normative europee, come la direttiva che dal 2025 impone l'uso di almeno il 25% di plastica riciclata nelle nuove bottiglie in PET, stanno spingendo l'industria a cercare soluzioni di riciclo più efficienti e innovative. È in questo scenario che la biotecnologia sta emergendo come una soluzione rivoluzionaria, promettendo non solo di riciclare la plastica, ma di "resuscitarla".

Un banchetto per enzimi: come scomporre la plastica

Un team di scienziati del Regno Unito ha sviluppato una tecnica all'avanguardia che utilizza enzimi modificati per scomporre chimicamente la plastica non biodegradabile. Gli enzimi sono catalizzatori biologici, proteine in grado di accelerare reazioni chimiche specifiche. I ricercatori hanno identificato un enzima, originariamente scoperto in un batterio che si era evoluto per nutrirsi di plastica, e lo hanno "ingegnerizzato" in laboratorio per renderlo molto più veloce ed efficiente.

 

Il mondo universitario è una fucina inesauribile di scoperte scientifiche e innovazioni tecnologiche. Le università più lungimiranti investono massicciamente nel supportare i loro ricercatori a trasformare queste intuizioni in vere e proprie imprese. Eppure, nonostante un accesso privilegiato al sapere scientifico di punta e un sostegno considerevole, le startup nate in ambito accademico (University Startup Entrepreneurs - USEs) spesso faticano a raggiungere il successo dei loro omologhi che provengono dal mondo aziendale (Corporate Startup Entrepreneurs - CSEs). Una contraddizione apparente, ma che trova solide spiegazioni empiriche.

Un'analisi critica condotta dal Professor Alex Coad della Waseda Business School, e pubblicata su The Journal of Technology Transfer, esplora a fondo le differenze tra questi due tipi di imprenditori, svelando le ragioni del divario di performance.

 

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