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Dalla flora intestinale nuovi elementi per comprendere l’autismo
26 Giu 2017 Scritto da Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba) del Cnr di PisaAttraverso sofisticate tecniche di metagenomica e bioinformatica, ricercatori Cnr e dell’Università di Firenze hanno approfondito lo studio dell’insieme di microorganismi intestinali di soggetti affetti da autismo. La ricerca, pubblicata su ‘Microbiome’, potrà porre le basi di un intervento dietetico al fine di migliorare la qualità della vita delle persone malate riducendo i problemi intestinali comuni a molti pazienti
Possono fattori ambientali incidere sullo sviluppo dell’autismo? Il tema, da tempo oggetto di ricerche della comunità scientifica di tutto il mondo, è al centro di uno studio pubblicato sulla rivista ‘Microbiome’, firmato congiuntamente da Cnr, Università degli studi di Firenze, Fondazione ‘Edmund Mach’ di Trento e Azienda Ospedaliera Universitaria Senese. La ricerca, coordinata da Carlotta De Filippo dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba-Cnr), ha preso in esame la composizione del microbiota intestinale di soggetti adulti affetti da autismo, cioè l’insieme di microrganismi che ‘vivono’ nell’intestino umano. E’ noto, infatti, che sostanze presenti nella flora intestinale sono in grado di ‘passare’ la barriera intestinale e produrre effetti sul sistema nervoso. “Abbiamo analizzato la composizione del microbiota in soggetti che soffrivano di disturbi gastrointestinali, un disagio molto frequente tra le persone affette da autismo. L’obiettivo era caratterizzare i microrganismi presenti, verificare se vi fossero delle diversità rispetto a soggetti sani, individuare eventuali marcatori. Questo tipo di studio analitico è fondamentale per capire se il microbiota intestinale ha un ruolo nello sviluppo della malattia e, in ultima analisi, comprendere l’influenza di fattori ambientali o alimentari”, spiega la ricercatrice.
Polifenoli contro il cancro? Un vantaggio da approfondire
22 Giu 2017 Scritto da Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa-Cnr), AvellinoCellule derivate da Leucemia linfocitaria cronica trattate con quercetina e con il farmaco apoptogenico ABT-737. In verde chiaro, le cellule tumorali morte
Un team di ricercatori dell’Isa-Cnr ha indagato in modo specifico l’utilizzo di questi antiossidanti naturali nelle patologie tumorali, evidenziando in due studi i pro e i contro del loro uso e dimostrando che in alcuni casi l’effetto prescinde dall’attività antiossidante.
Le ricerche sono state pubblicate su Seminars in Cancer Biology e su Oncotarget
I polifenoli, composti naturali presenti in abbondanza in frutta e verdura spesso presentati come salutari, fanno davvero bene? Hanno cercato di rispondere al quesito i ricercatori dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche (Isa-Cnr) di Avellino con due distinti studi. Gli autori concludono che lo studio degli effetti benefici dei polifenoli nella prevenzione e nella terapia del cancro va affrontato sfruttando modelli cellulari adeguati e selezionati per la loro elevata specificità. L’efficacia va, pertanto, valutata con attenzione. Nella ricerca pubblicata su Seminars in Cancer Biology, il team dell’Isa-Cnr ha analizzato la capacità di queste sostanze di agire da antiossidanti, cioè di neutralizzare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento, evidenziando la differenza tra i dati ottenuti in modelli animali e cellulari, che confermano gli effetti antitumorali dei polifenoli, e i risultati degli studi clinici, spesso non chiari o addirittura negativi. “Quando consideriamo i potenziali effetti benefici dei polifenoli contro il cancro dobbiamo distinguere tra prevenzione e terapia”, spiega Gian Luigi Russo, responsabile del team di ricerca all’Isa-Cnr. “L’efficacia di un antiossidante non è la stessa nella cellula di una persona sana e in quella di un paziente affetto da tumore, a cui vengono somministrate alte dosi di antiossidanti in combinazione con radio o chemioterapia”.
La nostra mano è una mappa dello spazio che ci circonda
19 Giu 2017 Scritto da Ufficio Stampa Università di Milano-BicoccaL’interazione con lo spazio che ci circonda è disegnata dentro il nostro corpo. Concetti come alto e basso Concetti come alto e basso sono ancorati alle dita delle mani. Lo rivela uno studio del dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Università di Reno (Nevada), appena pubblicato sulla rivista Cognition.
Milano, 14 giugno 2017 – Se sappiamo come muoverci nello spazio attorno a noi è anche grazie alla nostra mano nella quale si trova una mappa dello spazio intorno a noi, dove al pollice è associato il basso e all’indice l’alto.
Lo rivela lo studio Standard body-space relationships: fingers hold spatial information (doi: 10.1016/j.cognition.2017.05.014) appena pubblicato sulla rivista Cognition, realizzato da Daniele Romano e Angelo Maravita, rispettivamente assegnista di ricerca e docente di Psicobiologia e psicologia fisiologica nel Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Francesco Marini, ex dottore di ricerca dell’Ateneo milanese, attualmente assegnista di ricerca (post-doc) all’Università di Reno (Nevada, Stati Uniti).
Negli ultimi tempi su alcuni quotidiani e su alcune pagine web è stato scritto che il Pap Test poteva andare in pensione sostituito dall'ormai sperimentata tipizzazione dello Human Papilloma Virus; il virus di cui alcuni sottotipi possono determinare il cancro della cervice uterina.
Niente di più falso, il pap test ci permette di studiare le cellule della portio uterina e di un tratto del canale uterino esterno mentre la tipizzazione dell'HPV ci dice se vi è un'infezione da HPV ed eventualmente di quale sottotipo si tratti.
Comunque lo screening per l'Human Papilloma Virus si sta dimostrando sempre più efficace come emerge da uno studio pubblicato dell'International HPV screening working group, in cui hanno collaborato vari centri europei tra cui “le Molinette” di Torino, sul Lancet del 3 novembre di quest'anno dal titolo "Efficacy of HPV-based screening for prevention of invasive cervical cancer: follow-up of four European randomised controlled trials."
Infezioni da papillomavirus e strategie di prevenzione nella popolazione italiana
21 Lug 2009 Scritto da Franco Maria Buonaguro, Maria Lina Tornesello, Luigi BuonaguroI Papillomavirus sono un ampio ed eterogeneo gruppo di virus comprendente circa 100 genotipi completamente caratterizzati e più di 100 putativi nuovi tipi [1,2]. L'analisi filogenetica dei papillomavirus umani ed animali ha permesso di distinguere 16 generi identificati con le lettere dell'alfabeto greco (α, β, γ, δ, ε, ζ, η, θ, ι, κ, λ, μ, ν, χ, ο, π). I papillomavirus umani (HPV, dall’inglese Human Papilloma Virus) afferiscono ai generi α (prevalentemente mucosali) e β (cutanei). Il genere alfa comprende 50 genotipi diversi di HPV che infettano prevalentemente la mucosa genitale [2]. Questi virus sono stati distinti in gruppi ad alto o basso rischio oncogeno sulla base di dati epidemiologici relativi alla loro frequenza nelle lesioni neoplastiche di alto grado ed invasive (carcinoma della cervice uterina) [3-5].
Human Papilloma Virus e altre malattie sessualmente trasmesse (MST) un reale problema di comunicazione
18 Giu 2008 Scritto da Guido DonatiIl nostro Paese è ormai finito negli ultimi posti in Europa anche per l’informazione ai giovani sulle malattie sessualmente trasmesse (MST). La popolazione più a rischio è quella degli adolescenti che non trovano né una giusta informazione sulle tematiche sessuali né sanno a chi rivolgersi in caso di problemi.
Un test per la vita (Lo screening salva la vita delle donne)
23 Nov 2010 Scritto da Eleonora Simone & Franco Maria BuonaguroSi è da poco concluso il convegno su Prevenzione delle neoplasie della cervice uterina tenutosi dal 18 al 20 Ottobre presso l’Istituto Tumori di Napoli nell’ambito delle attività formative del CRPO (Centro Regionale per la Prevenzione Oncologica). Il convegno ha abbracciato le tre componenti della prevenzione oncologica: la prevenzione primaria, che per contrastare l’esposizione all’agente causale oggi può avvalersi di una strategia vaccinale; la prevenzione secondaria, che per identificare ed eliminare lesioni di basso grado a rischio di progressione neoplastica, si avvale del pap-test (analisi citologica su un tampone cervico-vaginale); la prevenzione terziaria, che per ottimizzare le strategie terapeutiche per tipo e stadio delle specifiche neoplasie avanzate si avvale di esami radiografici, integrati da metodiche biomolecolari e biochimiche.
L’ampiezza dell’argomento, che coinvolge virologi, biologi molecolari, medici e chirurghi ha determinato necessariamente la integrazione e complementazione interdisciplinare di varie branche biomediche che hanno avuto la possibilità di condurre un confronto costruttivo sulle varie tematiche.
Da quanto emerso è chiaramente evidente lo sviluppo tecnologico degli ultimi anni che ha permesso la produzione di vaccini preventivi, ma anche l’uso di metodiche di screening biomolecolari per la ricerca del virus dell’HPV, e lo sviluppo di strategie terapeutiche conservative che permettono la salvaguardia della procreazione, soprattutto in donne giovani, che abbiano desiderio di maternità.
The Videocolposcopy of cervical canal
Corresponding Authors: Sergio Izzo *, MD, Salvatore Negrotti**, MD.
* Department of Obstetric and Gynecology, A.O.R.N. ed Alta Specialità Sant’Anna e San Sebastiano - Caserta
* AFaR , Associazione FateBeneFratelli per la Ricerca
**Department of Obstetric and Gynecology, Belcolle Hospital, Viterbo , Italy
Sommario:
La videocolposcopia dell’endocollo (VCSE) è una tecnica diagnostica, derivata dall’endocervicoscopia (ECS) che consente di studiare il canale cervicale per tutta la sua lunghezza, allo scopo di rilevare lesioni displasiche. e neoplastiche, eventualmente localizzate a tale livello.
Già nel corso di un normale esame isteroscopico è possibile, in uscita, esaminare l’endocervice; la VCSE si avvale egualmente dell’isteroscopio come strumento diagnostico ma la sua tecnica di esecuzione è ben diversa perché richiede l’applicazione di acido acetico come colorante vitale della mucosa del canale cervicale; quindi, per certi aspetti, è sovrapponibile alla colposcopia, da cui mutua le basi scientifiche e il linguaggio descrittivo; è per tali motivi che noi la definiamo come videocolposcopia dell’endocollo.
La microcolposcopia nella definizione topografica delle lesioni intraepiteliali squamose (SIL) del collo dell’utero
19 Nov 2008 Scritto da Carmelo M.A. ParisiLa microcolposcopia è una indagine che consente di osservare in vivo le cellule degli strati più superficiali dell’epitelio della cervice uterina .
Un primo tentativo di studiare le cellule in vivo è stato effettuato da Antoine e Grumberger con la messa a punto del microcolposcopio. Nel 1952 Walz progettava un colpomicroscopio compatto, monoculare con ingrandimenti variabili da 17x a 250x, ma le dimensioni dell’apparecchiatura, del diametro di 23 mm, rendevano lo strumento particolarmente ingombrante e non adatto allo scopo, per cui la tecnica è stata ben presto abbandonata.
Genital Stretching and AIDS/HIV in Africa
22 Ott 2008 Scritto da Grassivaro Gallo P., Endrighi L., Viviani F.Padua Working Group on Female Genital Mutilations .University of Padua
Genital Stretching (GS) is an expansive genital modification improperly classified by WHO inside the Female Genital Mutilation (FGM) forms (4th type)1. Ritual GS2 is a traditional practice of the Central-Eastern and Southern African populations settled on the migration ways of the ancient Khoisanid populations3, who possessed labia minora elongation as an hereditary trait.