Ambiente

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Il WWF Italia in una nota inviata al presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte e al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini chiede al governo di intervenire per bloccare la legge regionale recentemente approvata dalla regione Sardegna (Legge regionale 13 luglio 2020 n.21). Secondo l’associazione ambientalista, infatti, la legge dal titolo Norme di interpretazione autentica del Piano paesaggistico regionale è incostituzionale perché in palese contrasto con le leggi fondamentali che regolano la tutela del paesaggio, dell’ambiente e degli ecosistemi riconosciuti tra i principi fondamentali attraverso l’art. 9 della nostra Costituzione.

Nel frattempo, purtroppo, la legge è in vigore e può già produrre effetti estremamente negativi sul prezioso territorio sardo. Con un escamotage del tutto fantasioso, nonché giuridicamente illegittimo, infatti, ossia utilizzando lo strumento dell’interpretazione autentica di una legge vigente, viene scardinato il lavoro di decenni in cui la Sardegna era stata tra le prime regioni ad attuare una buona pianificazione paesaggistica per la tutela delle aree più pregiate, ad iniziare dalle coste. In particolare la scelta dell’attuale legislatore sardo è quella di sottrarre alla pianificazione congiunta, che è invece obbligatoria, tra Regione autonoma della Sardegna e Ministero per i Beni e le attività culturali i beni collettivi più rilevanti: la fascia costiera, i beni identitari (definiti come “quelle categorie di immobili, aree e/o valori immateriali, che consentono il riconoscimento del senso di appartenenza delle comunità locali alla specificità della cultura sarda”), le zone agricole.

 

Scampi alla griglia in plastica, zuppa di scorfano alla plastica, acciughe e sgombri al forno con plastica: dai risultati della nostra ricerca sulla presenza di microplastiche nei pesci, questo sembra essere il menù degli italiani questa estate.

Insieme all’Università Politecnica delle Marche (UNIVPM) e l’Istituto per lo studio degli impatti antropici e sostenibilità in ambiente marino (IAS) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Genova, abbiamo esaminato oltre 300 organismi rappresentativi di diverse specie di pesci e invertebrati consumati abitualmente sulle nostre tavole come cozze, scampi, scorfani, acciughe e sgombri.

I risultati di questo studio, che diffondiamo oggi, confermano la presenza di microplastiche in queste specie marine che consumiamo quotidianamente e sottolineano la rilevanza di questa contaminazione per l’ambiente e la nostra salute. La plastica non ce la mangiamo, perché si concentra nell’intestino e il pesce abitualmente lo consumiamo eviscerato, ma l’allarme rimane e non va in alcun modo sottovalutato!

 


Ogni anno, oltre 10 tonnellate di tonno rosso pescato e commercializzato illegalmente vengono sequestrate in Italia, secondo un’analisi lanciata oggi dal WWF su 43 operazioni effettuate dalle forze di polizia italiane nel 2019-2020. La maggior parte dei sequestri avviene in Sicilia, ma i numeri della pesca e del commercio illegale sono sicuramente molto più elevati e coinvolgono anche Calabria, Campania, Puglia e non solo. Secondo WWF, tali livelli di pesca illegale di tonno rosso mettono a rischio la salute pubblica e confermano la non sostenibilità dello stock più pregiato del Mediterraneo. Da gennaio, WWF ha presentato obiezione formale contro la prima certificazione mondiale di sostenibilità MSC per un’industria giapponese di pesca al tonno rosso.

I dati analizzati dal WWF per un periodo che va dal primo gennaio al 17 giugno del 2019 e 2020 mostrano che oltre l’80% della pesca illegale avviene tra maggio e giugno, quando la stagione di pesca raggiunge il suo picco massimo nel nostro paese, a causa della maggiore presenza di esemplari che si aggregano in banchi per la riproduzione. 32 delle 43 operazioni di sequestro sono avvenute in Sicilia, per lo più nelle province di Palermo, Catania e Messina.

 

Da oggi l’Acquario di Genova e l’Università di Milano-Bicocca sono partner scientifici per la salvaguardia delle scogliere coralline con particolare riferimento al reef delle isole Maldive.

Le due eccellenze italiane hanno stipulato un accordo per sviluppare iniziative congiunte di ricerca, conservazione e formazione dei reciproci staff di ricercatori e biologi per la salvaguardia delle scogliere coralline. L’accordo prevede la messa a punto di nuove tecniche di“coral restoration”, il restauro delle scogliere coralline, monitoraggi dello stato di salute dei coralli e loro riproduzione in ambiente controllato.

L’iniziativa rientra in una più ampia collaborazione tra Costa Edutainment e l’Ateneo milanese che ha già visto realizzarsi negli ultimi due anni diversi progetti di divulgazione, ricerca e formazione legati ad altre specie marine, quali le meduse. Il nuovo accordo, della durata di quattro anni, è stato firmato oggi dal Presidente e Amministratore Delegato di Costa Edutainment, Giuseppe Costa, e la rettrice dell’Università di Milano-Bicocca, Giovanna Iannantuoni.


Il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con gli Istituti di scienze marine (Ismar) e di fisiologia clinica (Ifc) è impegnato in un innovativo progetto di monitoraggio del litorale toscano tramite drone, con il duplice obiettivo di analizzarne lo stato di salute e di quantificare l’accumulo e la distribuzione spaziale dei rifiuti presenti, compresi guanti e mascherine. I primi risultati sono disponibili in modalità open access su Remote Sensing

Un drone sorveglia le coste della Toscana: fornirà dati utili ad analizzare i rifiuti plastici presenti sulle spiagge, nonché a comprendere la penetrazione di specie vegetali invasive, e a verificare i cambiamenti della linea di costa dovuti a fenomeni erosivi, o alla presenza di fiumi e porti.

Il progetto, condotto dal Consiglio Nazionale delle Ricerche con gli Istituti di scienze marine (Ismar) di Lerici (La Spezia) e di fisiologia clinica (Ifc) di Pisa, è unico nel suo genere: le prime ricognizioni condotte dal gruppo ReFly del Cnr-Ifc hanno riguardato il litorale di San Rossore, area naturale protetta delle province di Pisa e Lucca, permettendo di acquisire una serie di dati relativi al riconoscimento, classificazione e conteggio degli oggetti antropogenici ivi spiaggiati. I risultati, analizzati in collaborazione con l’Istituto per la bioeconomia (Ibe) del Cnr, sono pubblicati su Remote Sensing.


Lunedì 20 luglio anteprima in streaming per presentare la nuova esposizione dedicata al tema dell’inquinamento da plastica in mare


Con un evento online, il Museo di Storia Naturale presenta in anteprima al pubblico la nuova mostra temporanea “La plastica e noi”, realizzata in collaborazione con l’Istituto di Scienze Marine (ISMAR – CNR) di Lerici e con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Roma 2) sede di Portovenere.

Sarà possibile seguire l’evento in streaming sui canali facebook e Youtube del Museo e sul canale facebook dell’Ateneo il giorno lunedì 20 luglio alle 16.30 (link per la diretta Youtube: https://bit.ly/2DEYMbb).

L’inquinamento da plastica in mare è un problema globale che riguarda molti aspetti della nostra vita, dalla salvaguardia ambientale alla salute umana. Oltre a presentare i dati più rilevanti sull’inquinamento e alcuni risultati delle ultime ricerche svolte sulle nostre spiagge, la mostra invita a riflettere sul nostro rapporto con la plastica, sui danni che può causare all'ecosistema e su cosa possiamo fare per limitarli. Accompagnando i visitatori lungo l’intero percorso della Galleria dei cetacei del Museo, “La plastica e noi” vuole essere allo stesso tempo una provocazione e un’occasione per prendere coscienza del problema e limitare la quantità di plastica che noi stessi produciamo ogni giorno.

Una ricerca condotta dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi) in collaborazione con l'Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar) e l'Università di Barcellona, ha addotto nuovi dati sulla fase di eccezionale riscaldamento della superficie del Mediterraneo durante il primo mezzo millennio dell'era cristiana. Lo studio è pubblicato su Scientific Reports del gruppo Nature

Uno studio congiunto tra Consiglio nazionale delle ricerche, condotto dall'Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi) di Perugia in collaborazione con l'Istituto di scienze marine (Cnr-Ismar) di Napoli, e Università di Barcellona, basandosi sulla ricostruzione della temperatura della superficie del mare degli ultimi 5000 anni, ha permesso di quantificare l'entità del riscaldamento nella regione mediterranea durante il periodo romano (1-500 d.C.). La ricerca è stata pubblicata su Scientific Reports, del gruppo Nature.

 

 


Presentato uno studio congiunto OGS e Università degli Studi di Trieste sul mare del FVG, il primo che dimostra l'assenza di segnali virali associati al COVID 19 nelle acque marine italiane.


Il Coronavirus (SARS-CoV-2) è presente nelle acque marine?


Se lo sono chiesto i ricercatori dell'Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale - OGS e del Dipartimento di Scienze della vita dell'Università di Trieste, che a maggio hanno avviato un progetto per valutare la qualità del mare del Friuli Venezia Giulia.

"I ricercatori hanno iniziato un lavoro di campionamento in 5 punti diversi lungo la costa del FVG" spiega Cosimo Solidoro, direttore della sezione di oceanografia di OGS. "Nonostante diversi ricercatori abbiano asserito l'assenza del virus SARS-CoV-2 nelle acque di mare, abbiamo voluto provarlo sperimentalmente" precisa. I siti di prelievo (Lignano, offshore nella laguna di Grado-Marano, Barcola, Brojenca-Filtri di Aurisina, Centro del Golfo di Trieste) sono stati selezionati in base all'esposizione alle fonti di contaminazione delle acque di scarico dei centri abitati I risultati sono confortanti perché in nessuno dei campioni analizzati è stata riscontata la presenza dell'RNA del virus SARS-CoV-2.

"Anche se non si può affermare con assoluta certezza l'assenza di Coronavirus nelle acque di mare dell'intero Adriatico - spiega ancora Solidoro – la non presenza di tracce di SARS-CoV-2 rivelata dal nostro studio è già una buona notizia per la popolazione, per i turisti e per gli operatori del settore". Lo Studio è il primo che dimostra l'assenza di segnali virali associati al COVID 19 nelle acque marine italiane.



"La "Pacific South", una nave mercantile proveniente dal Brasile con un carico di oltre 100.000 tonnellate di soia - il più grande carico di soia mai sbarcato all’interno dell'UE - ha attraccato qualche giorno fa ad Amsterdam. E’ salpata dal Paraná con soia coltivata su circa 40.000 ettari di terreno*, (circa 60.000 campi da calcio) che un tempo era foresta o prateria. Questa terra è stata quindi disboscata per far posto a una coltivazione che è soprattutto alla base dell’alimentazione degli animali domestici per la produzione di carne.

Il report Deforestation made in Italy **curato da Etifor (spin-off dell’Università di Padova) riporta che, secondo gli studi di Pendrill et al. (2019) il 62% della superficie deforestata lorda su scala globale nel periodo 2005-2013 (equivalente a 5,5 Milioni di ettari/anno) è attribuibile all’espansione di aree agricole (principalmente per la produzione di soia e cereali), pascoli (per la produzione di carne e derivati) e piantagioni (tanto forestali quanto di palma da olio). Il consumo italiano di soia avrebbe provocato, tra il 2000 e il 2010, una deforestazione media di almeno 16.000 ettari/anno.

Poiché i virus mortali sono collegati alla fauna selvatica in cattività, PETA sottolinea l'urgenza di implementazione di un divieto immediato

In seguito alle notizie dei visoni risultati positivi al COVID-19 in 20 allevamenti di animali da pelliccia in Olanda e all'ipotesi che alcuni allevatori abbiano contratto il virus dagli animali, questa mattina PETA ha inviato una lettera (disponibile qui) al Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte – e per conoscenza ai Ministri responsabili della salute, delle politiche agricole e dell'ambiente – esortandolo a attuare il divieto di allevamento di animali da pelliccia in Italia e di chiudere le 13 strutture rimaste ancora attive nel paese.

L'azione arriva dopo che il Parlamento olandese ha votato a stragrande maggioranza per anticipare l'attuazione del divieto di allevamento di animali da pelliccia nei Paesi Bassi, originariamente fissato per il 2024, a seguito dei focolai di COVID-19 sviluppatesi in diverse strutture del Paese. Il divieto di allevare animali per la produzione di pellicce è in vigore anche in Austria, Repubblica Ceca, Israele, Regno Unito e in molti altri Paesi.

 

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