Ambiente

Ambiente (645)

Per progettare le future infrastrutture di difesa per Venezia e altre città costiere, sarà cruciale stimare l’impatto delle emissioni sull’innalzamento del livello del mare durante questo secolo. Lo affermano gli autori di una nuova analisi scientifica sul rischio di acqua alta a Venezia, pubblicata oggi sulla rivista scientifica Natural Hazards and Earth System Sciences. Lo studio, coordinato da ricercatori dell’Università del Salento, dell’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche e dell’Università Ca’ Foscari Venezia, analizza dati storici e contemporanei su Venezia, Patrimonio Mondiale Unesco, per comprendere il recente aumento del rischio di allagamenti, che gli scenari di cambiamento climatico indicano potrebbe aumentare ancora e addirittura accelerare nel corso del 21° secolo.

Il fattore chiave nell’esaminare la grave minaccia di allagamenti a Venezia e in altre città costiere è l’innalzamento del livello del mare relativo, ovvero l’innalzamento del livello del mare rispetto alla superficie terrestre solida locale, che risulta dalla subsidenza della superfice su cui sorge la città e dall’innalzamento del livello medio del mare.

 

Foglie e gambi di carciofo scartati al mercato ortofrutticolo di Rialto diventano prodotti innovativi per la salute e la bellezza dei capelli. Il passaggio dal mercato al parrucchiere è possibile grazie ai risultati di un progetto di ricerca di Ca' Foscari, finanziato dal Fondo sociale europeo tramite la Regione del Veneto e intitolato ‘HAIR: hair e agrifood innovare riciclando’.

Protagonista è un team di scienziate cafoscarine con alle spalle un brevetto sul rilascio ottimale di molecole attive e uno spinoff dedicato a una cosmesi ‘sostenibile’, a partire dalle materie prime. In questo caso, la fonte di molecole preziose è il carciofo, come quello di Sant’Erasmo, presidio SlowFood e vanto della laguna.

Le proprietà degli scarti
Durante le lavorazioni, il 60% del carciofo è, oggi, un rifiuto. Testa e brattee interne si mangiano, il resto sono foglie, gambo, brattee esterne da buttare. In laboratorio, però, lo scarto diventa risorsa. Con ultrasuoni o microonde vengono ottenuti estratti ricchi di sostanze polifenoliche e polisaccaridiche, poi liofilizzate e preparate con le tecniche avanzate sviluppate a Ca’ Foscari.

Le proprietà sono quelle note del carciofo: depurative, antiossidanti, diuretiche, antinfiammatorie, cardioprotettive, antitrombotiche.

Formulati per la cura dei capelli
I prodotti per la cura del capello testati durante il progetto hanno dimostrato che dare nuovo valore agli scarti di carciofo è possibile. Il capello ne trae giovamento: il formulato contrasta anche i radicali liberi. Il cuoio capelluto è delicatamente idratato.


L'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) ha rilevato dall'osservatorio del Monte Cimone nel 2020 i minimi valori di O3 dal 1996: la causa sembra essere la riduzione di emissioni di inquinanti legati ai lockdown per la COVID-19. Lo studio è pubblicato su Environmental Research Letters.

Diversi studi nel 2020 hanno analizzato la variazione di ozono (O3) troposferico in funzione delle misure di restrizione messe in atto per contenere la diffusione del COVID-19. La maggior parte di questi studi sono stati condotti principalmente in centri urbani o industriali. "Mentre in stratosfera l'ozono svolge un ruolo benefico per la vita sulla Terra, schermando le radiazioni UV nocive provenienti dal Sole, nella troposfera (ossia a quote comprese fra la superficie terrestre e 12–15 km), agisce come gas a effetto serra, Inoltre, se presente in concentrazioni elevate, è un inquinante secondario con effetti nocivi su salute umana ed ecosistemi", esordisce Davide Putero, ricercatore dell'Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isac) di Torino.

 

Al via una spedizione di ricerca nel Sud della Sardegna dedicata a cetacei, squali e tartarughe marine. 

OBIETTIVO È AGGIORNARE RICERCHE SULLA MEGAFAUNA MARINA NEL SUD DELLA SARDEGNA
A BORDO DELLA GOLETTA CON WWF TRAVEL E SAILSQUARE CI SARANNO BIOLOGI ED ETOLOGI

Ricercare e monitorare la megafauna – cetacei, tartarughe e squali – nella zona sud della Sardegna, con strumentazione e attrezzatura specifica (droni, idrofoni, macchine fotografiche e videocamere) per analizzare la distribuzione e il comportamento di queste specie e raccogliere dati acustici fondamentali per valutare la presenza dei cetacei e gli impatti dell’inquinamento acustico. Questo l’obiettivo della spedizione che tra la fine di settembre e ottobre vedrà protagonisti il WWF e altri enti di fama internazionale: a bordo di una goletta di 18 metri un team di biologi ed etologi, affiancati dai viaggiatori, aggiorneranno alcuni studi effettuati nell’area risalenti a oltre 40 anni fa .

Sono 62 i nidi monitorati dal WWF fra Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria, di questi 12 in emersione.

Il network tartarughe del WWF che sensibilizza i turisti e insieme ai volontari risponde in tempo reale e agisce per mettere in sicurezza la specie.

La prima schiusa in Sicilia è iniziata lo scorso 6 agosto ad Avola, in provincia di Siracusa, sotto lo sguardo dei volontari e degli esperti WWF. In questo momento sono ben 8 i nidi in schiusa nella stessa provincia e si contano oltre 400 piccole tartarughine che hanno già conquistato il mare per iniziare la loro vita. L’ultimo nido si è schiuso ieri sera a Sampieri, in provincia di Ragusa e sono già oltre 30 le neonate emerse.

Fra Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria sono in totale 62 i nidi di Caretta caretta gestiti e monitorati dal WWF. Solo in Sicilia se ne contano 34 fra le province di Ragusa e Siracusa (di questi 8 in schiusa e 2 già schiusi). Evento straordinario di quest’anno si è verificato nella spiaggia di Gallina ad Avola: in un lembo di sabbia lungo appena 600 metri i volontari, guidati della biologa e operatrice del progetto Life Euroturtles Oleana Olga Prato, hanno trovato ben 6 nidi. Dalla notte del 14 agosto, sono ben 7 le schiuse avvenute contemporaneamente nella provincia di Siracusa.


Uno studio internazionale realizzato con la partecipazione dell’Università Statale di Milano fornisce un importante contributo per comprendere la vita degli alberi e gestire i programmi di rigenerazione delle foreste. La ricerca è stata appena pubblicata su PNAS.
La fecondità degli alberi non cresce di pari passo con la loro crescita di dimensione, ma raggiunge un picco quando gli alberi hanno raggiunto una dimensione intermedia, per poi decrescere: è la conclusione a cui giunge uno studio coordinato dalla Duke University, con la partecipazione dell’Università Statale di Milano e dell’Università di Torino, condotto su 585.670 singoli alberi appartenenti a quasi 600 specie, in tutto il mondo.


La ricerca, a cui hanno partecipato 59 ricercatori provenienti da Cile, Italia, Canada, Polonia, Francia, Spagna, Svizzera, Giappone, Slovenia, Germania, Panama, Porto Rico e Stati Uniti, tra cui Giorgio Vacchiano, docente del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali - Produzione, Territorio, Agroenergia della Statale e co-autore della ricerca, è stato pubblicato su PNAS (Proceedings of National Academy of Sciences) e fornisce un importante contributo per prevenire cali di fecondità nella produzione di frutti e semi, vitali per molti animali e per la rigenerazione delle foreste.

 

Un’analisi realizzata da Greenpeace East Asia rivela come il raggiungimento di temperature torride stia diventando molto più frequente nelle città dell’Asia orientale. I ricercatori hanno analizzato i dati sulle temperature di 57 città tra Cina continentale, Corea e Giappone, rilevando come il caldo arrivi in anticipo durante l’anno in ormai più dell’80% delle città.

«Nelle ultime due settimane abbiamo visto diversi atleti olimpici collassare a causa di colpi di calore. All’inizio di quest’estate, le temperature estreme nel Guangdong, in Cina, hanno costretto le fabbriche a chiudere, e in Corea la morte di centinaia di migliaia di capi di bestiame è stata attribuita alle ondate di caldo. Questi episodi di calore estremo sono coerenti con il cambiamento del clima della regione e rischiano di diventare sempre più frequenti se i governi non decideranno di passare dagli inquinanti combustibili fossili a fonti di energia pulite, come eolico e solare», dichiara Mikyoung Kim, responsabile per Greenpeace East Asia dell’emergenza clima in Asia orientale.

 

 

Il WWF lancia la campagna estiva per fronteggiare l'emergenza incendi. Incendi record anche in Turchia, dove si rischiano di perdere per sempre specie uniche e habitat vitali per 10 milioni di persone

L’ondata di caldo estremo che sta interessando l’Europa meridionale non si ferma e potrebbe essere una delle peggiori di sempre.

Link al report “Mediterraneo in fiamme” >

Il pianeta in crisi a causa del riscaldamento globale, del disastro climatico e dalla scellerata distruzione di ecosistemi (tra cui appunto le foreste) continua ad essere travolto da una raffica di eventi catastrofici: dalle micidiali ondate di caldo in Nord America, che hanno determinato numerosi decessi ed incendi devastanti dall’Oregon, al Canada all’Alaska, alle alluvioni in Europa e in Cina, ai roghi inarrestabili della Siberia e ora agli incendi che stanno mettendo a ferro e fuoco il Mediterraneo. Ultima (ma ancora per quanto?) nella tragedia la Turchia dove solo giovedì scorso il calore prodotto dagli incendi è stata 4 volte maggiore di qualunque dato sinora mai registrato durante altri incendi nel paese.

Una drammatica ondata di calore con picchi da record assoluto (nella città di Cizre sono stati registrati 49,1 °C) insieme ad atti sicuramente criminali (non dimentichiamoci che nel Mediterraneo gli incendi sono per più del 90% di origine umana) hanno generato incendi che stanno uccidendo persone, distruggendo un patrimonio di natura e di animali selvatici, cancellando un’importante economia collegata al turismo: un paese quindi tre volte in ginocchio.

 

Nel ghiaccio della sommità del Guliya a 6700 metri d'altezza nell'altopiano del Tibet, sono stati ritrovati virus risalenti a circa 15000 anni fa, in gran parte completamente diversi da quelli catalogati finora.

Il motivo per cui si rinvengono ancora organismi negli antichi ghiacciai è legato alla costituzione degli stessi che si sono andati formando grazie al graduale deposito di elementi contenuti nell'atmosfera, quali: polveri, microrganismi e gas, che sono rimasti intrappolati e stratificati. Effettuando dei carotaggi si estraggono estratti campioni le cui stratificazioni ricalcano la sequenza temporale di deposizione degli elementi dell'atmosfera.

Lo studio in questione è stato effettuato su carote estratte nel 2015 ed è stato effettuato grazie ad una collaborazione fra ricercatori del Byrd Center dello Stato dell'Ohio e il suo Center for Microbiome Science. In tal modo si è riusciti a comprendere i cambiamenti climatici, la composizione dell'aria ed i microrganismi presenti nei vari periodi.

Domenica 25 luglio 2021 qualcuno ha pensato bene di costruire una capanna utilizzando dei legni e sradicando decine di metri quadri di muschio causando così un rilevante danno ambientale.

Monte Livata fa parte del parco regionale dei Monti Simbruini (area protetta), in cui è vietato il prelievo di muschio.
Il muschio, con le sue oltre 10.000 specie, crea nel complesso un'importante microsistema: al suo interno vivono microrganismi, insetti e piccole piante; ha un'utilità fondamentale per la rigenerazione delle falde acquifere. Il muschio fornisce acqua agli alberi che ne utilizzano una parte, mentre il resto finisce nelle falde acquifere che a loro volta costituiscono il 70% dell'acqua potabile utilizzata dagli esseri umani.
E' il muschio con il suo microsistema che ha creato le condizioni che hanno permesso lo sviluppo della vita al di fuori dell'acqua. Senza il muschio la vita si sarebbe sviluppata solo nei corsi d'acqua e negli oceani. Se si pensa che tutto il muschio presente sulla terra produce più ossigeno di tutti gli alberi presenti su di essa si comprende come distruggendolo si crea un danno pari a quello della distruzione degli alberi.
Per quello che concerne lo specifico danno nel parco di Monte Livata, abbiamo cercato di riposizionarlo sulle pietre dalle quali era stato strappato. Purtroppo solo una piccola parte riuscirà ad attecchire e anni di sviluppo di questi muschi sono comunque andati distrutti.

Qui di seguito le immagini dello smantellamento della capanna e del riposizionamento del muschio sulle rocce: 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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